Re: Cerchi in lega alternativi
Inviato: domenica 6 dicembre 2020, 16:35
Oltre l’esperienza con le gomme della Golf, macchina attuale, ho avuto una trafila notevolissima sul Gt Junior. Se vogliamo essere precisi, l’iter comincia nel 1968 con gomme Pirelli 155/15 e ammortizzatori di serie. Di quel periodo ho ricordi nitidissimi, come sempre quando si tratta di ricordi di gioventù. Potrei descrivere minuziosamente ogni reazione della macchina in ogni singola circostanza legata al fondo stradale e alle condizioni meteo.
Poi, dopo un lungo sonno, la storia si riapre nel 1998 allorché ritrovai una macchina pressoché identica, perfino come targa e numero di telaio. Riequipaggiata con gomme della misura originale 155/15 di costruzione recente. E già le cose andavano diversamente. Poi verso il 2007 si comincia a pasticciare con Celestino. Il mecca rifà il motore e già che si trova, abbassa l’assetto al minimo. Risultato la macchina è troppo bassa e il centrale della marmitta tocca ovunque. La tenuta è critica e mi sembra peggiorata. Si mettono i Koni gialli e si alza un po’. La situazione migliora. Poi inizia l’avventura con le semislick Toyo 185/60/14 e i cerchi GTA replica da 6”. Lì siamo su un altro pianeta. Soprattutto sul bagnato leggero (a temperature non troppo basse), dove la differenza è abissale rispetto a qualsiasi altra cosa abbia guidato.
Finché per curiosità voglio ritornare alle sensazioni d’origine: rimetto i cerchi in lamiera e monto le 155/15 Vredenstein. Nel frattempo l’altezza è stata portata al giusto compromesso. La somma di altezza, gomme e ammortizzatori, porta alla situazione attuale che mi pare il migliore compromesso possibile. Anche tenuto conto del notevole aumento di peso del cerchio in lamiera rispetto a quello in lega. La macchina non tocca quasi mai, l’assetto è molto buono, lo sterzo è più leggero e non si sovraccarica la scatola con sforzi supplementari. Pure con i 90 cv scarsi del motore ma tutti vivi, almeno a detta di possessori di macchine analoghe che trovarono il motore ben reattivo, ora è in grado sul misto di dire la sua, come ho constatato più volte sulle strade amiche dell’orvietano, quando la Punto di turno veniva bistrattata dopo due curve.
Quindi tutto bene? Possiamo dire di sì, nel senso che secondo me la situazione è più che soddisfacente. Ma dopo una lunga galoppata, durata oltre mezzo secolo, cosa è rimasto delle sensazioni originali? Praticamente nulla. Sono scomparse nella nebbia del tempo, insieme alle gomme di allora, agli ammortizzatori di allora e soprattutto al me di allora che aveva molto meno esperienza ma era parecchio incosciente e teneva giù il piede in un’altra maniera. E il concerto di fischi non si sente più. Scomparso insieme al rollio che accompagnava ogni curva.
In conclusione ogni età della vita non è paragonabile alle altre, così come lo sviluppo dei mezzi, degli accessori, dei lubrificanti, dei carburanti, rende difficilmente paragonabili prestazioni e sensazioni. Poi quanto vogliamo essere filologici dipende da noi, quanto vogliamo riprodurre le sensazioni d’origine e quanto vogliamo migliorare la situazione. Ci sono sempre sfumature intermedie. Quel che è certo che anche il più maniacale dei collezionisti potrà tentare di riprodurre la situazione d’origine ma dovrà sempre fare i conti con i materiali di adesso. E soprattutto con l’esperienza nel frattempo accumulata sulle moderne che ha per forza cambiato il modo di percepire la guida. Secondo me soprattutto riducendo i margini perché salire su una macchina d’epoca, abituati come siamo all’handling attuale, comporta l’assumere un atteggiamento di prudenza che all’epoca era sconosciuto. Perché si passa da un mezzo che va praticamente da solo, a un mezzo molto impegnativo ed è normale che, anche inconsciamente, se ne risenta.
Poi, dopo un lungo sonno, la storia si riapre nel 1998 allorché ritrovai una macchina pressoché identica, perfino come targa e numero di telaio. Riequipaggiata con gomme della misura originale 155/15 di costruzione recente. E già le cose andavano diversamente. Poi verso il 2007 si comincia a pasticciare con Celestino. Il mecca rifà il motore e già che si trova, abbassa l’assetto al minimo. Risultato la macchina è troppo bassa e il centrale della marmitta tocca ovunque. La tenuta è critica e mi sembra peggiorata. Si mettono i Koni gialli e si alza un po’. La situazione migliora. Poi inizia l’avventura con le semislick Toyo 185/60/14 e i cerchi GTA replica da 6”. Lì siamo su un altro pianeta. Soprattutto sul bagnato leggero (a temperature non troppo basse), dove la differenza è abissale rispetto a qualsiasi altra cosa abbia guidato.
Finché per curiosità voglio ritornare alle sensazioni d’origine: rimetto i cerchi in lamiera e monto le 155/15 Vredenstein. Nel frattempo l’altezza è stata portata al giusto compromesso. La somma di altezza, gomme e ammortizzatori, porta alla situazione attuale che mi pare il migliore compromesso possibile. Anche tenuto conto del notevole aumento di peso del cerchio in lamiera rispetto a quello in lega. La macchina non tocca quasi mai, l’assetto è molto buono, lo sterzo è più leggero e non si sovraccarica la scatola con sforzi supplementari. Pure con i 90 cv scarsi del motore ma tutti vivi, almeno a detta di possessori di macchine analoghe che trovarono il motore ben reattivo, ora è in grado sul misto di dire la sua, come ho constatato più volte sulle strade amiche dell’orvietano, quando la Punto di turno veniva bistrattata dopo due curve.
Quindi tutto bene? Possiamo dire di sì, nel senso che secondo me la situazione è più che soddisfacente. Ma dopo una lunga galoppata, durata oltre mezzo secolo, cosa è rimasto delle sensazioni originali? Praticamente nulla. Sono scomparse nella nebbia del tempo, insieme alle gomme di allora, agli ammortizzatori di allora e soprattutto al me di allora che aveva molto meno esperienza ma era parecchio incosciente e teneva giù il piede in un’altra maniera. E il concerto di fischi non si sente più. Scomparso insieme al rollio che accompagnava ogni curva.
In conclusione ogni età della vita non è paragonabile alle altre, così come lo sviluppo dei mezzi, degli accessori, dei lubrificanti, dei carburanti, rende difficilmente paragonabili prestazioni e sensazioni. Poi quanto vogliamo essere filologici dipende da noi, quanto vogliamo riprodurre le sensazioni d’origine e quanto vogliamo migliorare la situazione. Ci sono sempre sfumature intermedie. Quel che è certo che anche il più maniacale dei collezionisti potrà tentare di riprodurre la situazione d’origine ma dovrà sempre fare i conti con i materiali di adesso. E soprattutto con l’esperienza nel frattempo accumulata sulle moderne che ha per forza cambiato il modo di percepire la guida. Secondo me soprattutto riducendo i margini perché salire su una macchina d’epoca, abituati come siamo all’handling attuale, comporta l’assumere un atteggiamento di prudenza che all’epoca era sconosciuto. Perché si passa da un mezzo che va praticamente da solo, a un mezzo molto impegnativo ed è normale che, anche inconsciamente, se ne risenta.